A piedi nella foresta
Non si può immaginare, senza averlo vissuto in prima persona, cosa sia trovarsi a sette metri da un gorilla di montagna che ti guarda. Semplicemente non si può.
Qui i social networks, le copertine dei cataloghi o i racconti dei vostri amici non funzioneranno. Troppi filtri tra voi e questo nostro cugino di oltre 150 kg. C’è solo un modo, bisogna fare alla vecchia maniera: prendere un aereo, mettersi gli scarponi e cominciare a camminare nella foresta. Sì, avete letto bene. A piedi. Dopo qualche ora in foresta magari troverete una femmina mentre è intenta a mangiare dell’aglio selvatico, a dormire, o a interagire con i piccoli. O chissà, magari sarete ancora più fortunati, e davanti a voi un silverback, l’enorme maschio dominante dalla schiena d’argento, farà uno dei suoi terrificanti, ma innocui, display di aggressività. Denti esposti, alberi che cadono, un tuono che esce dal petto e si disperde nella foresta. Allora sì, che saprete.
Un incrocio di sguardi
Nessuno è mai uscito indenne dall’incontro in natura con il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei), nemmeno gli “dei” della conservazione : George Schaller, dopo venti mesi di studio in foresta, ne uscì con la consapevolezza che dopo avere incrociato lo sguardo con quello di un gorilla nulla sarebbe stato come prima. La complessa personalità di Dian Fossey, 20 anni a studiare i Gorilla di montagna, la spinse a preferire la loro presenza a quella degli umani. David Attenborough reputò lo scambio di sguardi (anche lui!) con un Gorilla di montagna così significativo e coinvolgente da immaginare nel gorilla una possibile alternativa alla condizione umana. Più modestamente, la nostra ora a disposizione con i gorilla di montagna nelle foreste afro-montane dei Virunga, caratterizzate dal gigantismo di Lobelie e Seneci dall’aspetto decisamente alieno, o nell’antichissima Foresta impenetrabile di Bwindi, la “Place of Darkness” risalente ai tempi antecedenti l’epoca dei ghiacci del Pleistocene, sembrerà distorta nella sua durata. Sembrerà troppo breve, perchè troppo intensa. Sembrerà troppo lunga, perchè naturale. Fissare a pochi metri di distanza un gorilla di montagna rappresenta un momento immobile privo di progettualità, ciclico e non lineare: uno di quei momenti non contaminato da altri momenti. E’ kairòs, un momento rivelatore che serba in sé un segreto, e all’ombra del quale si può aprire un varco nel tempo ordinario scandito da impegni, scadenze e routine.
La magia di un viaggio
A rileggere gli appunti scritti laggiù una volta tornati dall’Uganda, si rimane colpiti da quanto possano risultare estranei i pensieri che esprimono. L’esplorazione delle paludi Mababmba alla ricerca dell’incredibile uccello Becco a scarpa, i safari tra le verdi colline del Murchison Falls National Park, lo straordinario incontro a piedi con gli scimpanzè nella foresta di Kibale, la navigazione sul Nilo fino al fragore delle casacte Murchison, i leoni sugli alberi, i colorbi, cercopitechi e cercocebi nella palude di Bigodi…ogni emozione legata a questo incredibile fazzoletto di pianeta che sembrava così dirompente mentre la si viveva appare ora sfumata, aliena.
Ma, per fortuna, tutti i giorni tornati in Italia, qualcosa rimarrà per sempre. Ogni emozione proietta ancora un’ombra, che diventa più lunga quando il sole scende, quando siamo liberi da impegni, scadenze e routine. Solo allora, i pensieri che vivono nello spazio tra il viaggiatore e l’Uganda emergono catapultandoci indietro nella magia.
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