Tra i tanti modi di aiutare la natura (e anche il corpo) si parla poco del semplice camminare, un’attività il più possibile salutare e vicina alla natura. Non intendo le moderne forme compulsive che richiedono scarpe tecnologiche, maglie traspiranti, controlli cardiologici e polmonari, tabelle di marcia, contapassi, bandane e termini anglosassoni come il trekking, lo jogging o il fitwalking. Mi riferisco solo quell’attività di girellare, andare a zonzo, vagabondare, bighellonare, girovagare, passeggiare e altre, che un tempo erano accreditate di giudizi dispregiativi e ingenerosi.
Il camminare a passo lento, meglio se con la guida intelligente ed esperta di un cane, ci regala stupende emozioni. Anche in città, in cui a volte, alzando gli occhi al cielo ignorando le lusinghe delle vetrine, si possono scoprire falchi pellegrini in volo, fioriture di bocche di leone sui cornicioni, nidi di balestrucci e rondoni, i fiori delle magnolie nei giardini, le nuvole e il sole. Il girovagare in campagna o nei prati di periferia (meglio che nei boschi dove la fauna è poco visibile) col binocolo al collo, offre la sorpresa dei cuccioli di volpe, degli usignoli in canto, della fioritura di un fiordaliso, dell’aculeo dell’istrice, della raganella mimetizzata su un filo d’erba. La sera, il finire dei grilli e il brillare delle lucciole, l’ululato dolce dell’allocco e gli storni che tornano in massa a dormire sui viali cittadini. E oltretutto (lo so per esperienza diretta) camminare a passo lento fa bene a tutto il corpo, dalle articolazioni alla digestione. Gli antichi della Scuola Medica Salernitana consigliavano infatti post prandium aut stabis aut lento pede deambulabis (anche se per me rinunciare alla pennichella pomeridiana può essere un sacrificio).
Infine, il bighellonaggio fine a se stesso può essere arricchito dalle pratiche di birdwatching o, meglio di biowatching, le quali, guidate da esperti o da guide tascabili, possono ampliare di molto la gioia e la conoscenza della natura e della biodiversità
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