Perché ogni anno ci spingiamo fin quassù a soli 1000 km dal Polo Nord?
La risposta è altrettanto semplice, perché ci troviamo alcuni fra gli animali più incredibili del pianeta
La risposta che l’avventuriero Lee Scoresby dà alla bambina Lyra, nel bellissimo romanzo fantasy “La bussola d’oro”, è tutto un programma. E, in effetti, la realtà conferma il romanzo: “dette stedet er forlatt av Gud og burde for lengst vaere forlatt av mennesket ogsa”, ovvero “questo luogo è stato abbandonato da Dio e da tempo avrebbe dovuto essere abbandonato anche dall’uomo”.
Una scritta significativa, quella che si legge allo Svalbard Museum.
Perchè allora ogni anno ci spingiamo fin quassù, a soli 1000 chilometri dal leggendario Polo Nord?
Perchè proprio le Svalbard?
La storia antica dell’uomo ha sempre evitato queste terre. Nel ricostruire i limiti della colonizzazione umana nel grande Nord, l’archeologo Povl Simonsen ha invocato i “limiti del possibile”. Ecco, le Svalbard sono sempre state oltre questi limiti. Nessun vichingo, nessun Inuit, solo buio, luce, ghiaccio. E alcuni tra gli animali più incredibili del pianeta.
Ecco perchè andiamo ogni anno alle Svalbard. Perchè sono una gigantesca Wunderkammer, una enorme camera di meraviglie faunistiche senza pari sul pianeta. Ci spingiamo fin quassù per l’orso polare ovviamente, il superpredatore marino capace di nuotare 70 km in in acqua gelide in 24 ore.
Per la Renna delle Svalbard, il cui colore degli occhi è giallo in estate e blu in inverno. Ci sono voluti un astrofisico e un neuroscienziato per scoprirlo: in inverno, il tapetum lucidum cambia colore per ricevere e massimizzare l’apporto di fotoni dell’unico colore della luce che non viene assorbito dallo strato di ozono dell’atmosfera nel suo percorso invernale verso l’alto (!) e poi verso il basso: il blu e l’ultravioletto.
Per la foca dal cappuccio, con la sua straordinaria strategia riproduttiva per sopravvivere nel grande nord: strati di grasso incredibili, cuccioli che nascono già di 20 kg allattati intensamente per soli 4 giorni, aumentando di 7kg al giorno. Per poi digiunare per un mese, perdendo mezzo kg al giorno, mangiando ghiaccio e bevendo acqua di mare per non deidratarsi.
Per la volpe artica, dalla doppia colorazione del mantello, che in inverno continua a cacciare mimetizzandosi con la neve fino a quando le condizioni non sono estreme, e allora dissotterra le scorte accumulate in estate.
Per i cetacei: l’incredibile Balena della Groenlandia, l’unico cetaceo in grado di spaccare il ghiaccio, il mammifero che può vivere fino a 200 anni. E poi il beluga, le balenottere, le megattere…
Per l’incredibile avifauna: la Sterna artica, migratore tra i due poli. Le urie, ai limiti biomeccanici per volare ed immergersi fino a 200 metri di profondità in mare. La pernice bianca, tra i pochi che osano restare anche d’inverno. Il gabbiano d’avorio, che solo a queste latitudini ha la sua casa.
E poi i trichechi, gli alberi alti 3 cm, le immense pareti di ghiaccio, una luce che d’estate non ha eguali al mondo…
Sempre nel romanzo “La Bussola d’Oro”, la bambina Lyra non riesce a resistere al fascino delle Svalbard. “Invece, continuò a chiedere a Lorek Byrnison di Svalbard e ascoltò appassionatamente quando lui le parlò del lento strisciare dei ghiacciai, delle rocce e dei ghiacci galleggianti dove i trichechi dalle zanne brillanti giacevano in gruppi di cento e più; dei mari brulicanti di foche e di narvali che incrociavano i lunghi bianchi corni d’avorio sopra l’acqua gelida; della gran tetra costa ferrigna, le scogliere alte trecento metri e più, dove stavano appollaiati e pronti a lanciarsi in picchiata i demoni delle falesie; di pozzi di carbone e miniere di fuoco ove gli orsi fabbri ferrai martellavano gigantesche lastre di ferro, e le articolavano insieme per farne delle armature.”