“No, guarda, io non lo faccio mai per principio”. “Io invece lo faccio sempre, tanto che cosa mi costa”? “Ma l’elemosima è diseducativa!”. “Perché tu viaggi per educare gli altri?” “E se te la chiedono in quaranta ogni giorno?”
Sono i tipici botta e risposta di chi, viaggiando soprattutto nei paesi poveri, si è trovato di fronte a una mano tesa.
La soluzione del problema non esiste. Né esiste un comportamento giusto. E’ chiaro che lo sviluppo del turismo di massa nei paesi sottosviluppati è legato alla disparità economica: se il Guatemala fosse caro come la Svezia , gli scandinavi non ci andrebbero più. E non dovrebbero affrontare questo problema. La mano tesa dell’indiano di Calcutta non è una spiacevole parentesi nella giornata del turista, ma il presupposto stesso della vacanza in India.
Elargita o no, l’elemosima viene liquidata troppo in fretta, ridotta a un gesto automatico o seccamente rimossa dai doveri della solidarietà. Invece è importante. Non fosse altro perché chi la chiede mette sempre in disagio. Un disagio che, in viaggio, ci si affretta dimenticare.
Per la dottrina cristiana l’elemosina è un obbligo di soccorso, tanto materiale che spirituale, e compendia tutte le opere corporali di misericordia verso il prossimo. Che sono : dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, visitare gli infermi e i carcerati, seppellire i morti, ospitare pellegrini. Questi ultimi, i primi protagonisti del “turismo avventura” che la nostra civiltà conosca, avevano infatti bisogno di ospitalità come del pane. Risparmiare a un pellegrino di dormire in balia delle intemperie, dei banditi e dei lupi era un grande gesto di carità.
Il precetto dell’elemosina non è una caratteristica solo cristiana. Anche per i musulmani donare i beni mondani è un doveroso atto di pietà, poiché essi costituiscono un ostacolo alla salvezza. Nel Corano ricorre la promessa del paradiso per coloro che, per amore di Allah, ciberanno “il meschino, l’orfano e il prigioniero”. Va da sé che per queste due religioni monoteiste, la dottrina rimanga distinta dalla pratica. All’ipocrisia è tuttavia preferibile la presa di posizione di chi “non lo fa mai per principio”. Solo che non si è capito di quale principio si tratti.
Puri (India). Nella piazza del paese i lebbrosi vanno all’arrembaggio dei turisti che arrivano in risciò. Non si fa neppure in tempo a smontare, che una folla di sciagurati ti si avventa addosso, brandendo moncherini fasciati alla bell’e meglio. Lo fanno sorridendo. Ed è difficile dimenticare quel sorriso, al contempo supplichevole e accattivante, ma anche di soddisfazione e quasi di vendetta. Come a volere dire: “Adesso voglio vedere come fai a tirarti indietro, di fronte a una simile disgrazia”. Un sorriso di gloria per l’elemosina che sarà praticamente garantita.
Eppure dopo qualche giorno ti ci abitui. Anzi, i lebbrosi li spintoni, li cacci, li maltratti, li insulti: convinto che lo meritino per la loro esasperante, sfacciata sciagura di cui tu non hai colpa, ma che in fondo sei costretto a subire.
In India si giunge a detestare l’arrogante sorriso dei mendicanti lebbrosi. Se gli fai l’elemosina, purtroppo, è per la disperazione.
E voi come vi comportate?.